L’operazione “Dream earnings” ha portato alla luce una frode milionaria
Dopo due anni di un’articolata
e complessa attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica di
Pordenone, la Polizia di Stato ha potuto portare alla luce una lunga serie di
truffe, che venivano compiute mediante del falso trading online da un’organizzazione
di truffatori abilissimi nell’utilizzo di convincenti tecniche di persuasione e
plagio, con le quali riuscivano a indurre le vittime a indebitarsi e a versare
loro nel corso del tempo anche svariate centinaia di migliaia di euro su dei conti
correnti esteri.
Si
stima che l’organizzazione malavitosa abbia truffato diverse centinaia di cittadini
italiani residenti in tutto il territorio nazionale per un ammontare che
potrebbe aggirarsi intorno ai 60 milioni di euro.
La
truffa iniziava con un annuncio pubblicato su internet, oppure con una
telefonata, oppure con una email con cui veniva proposto un primo piccolo investimento, che riguardava l’acquisto di azioni Amazon per il modesto importo di 250
€, e di osservarne il
rendimento per una settimana.
Alle
vittime, attraverso la consultazione di piattaforme
di trading opportunamente configurate,
veniva quindi fatto vedere
che il loro investimento si triplicava nel giro
di pochi giorni; ciò rendeva più credibile "l’affare" e convinceva molti cittadini
che i rendimenti stratosferici che erano stati promessi fossero reali.
I truffatori
avevano messo in piedi anche due veri e propri call center con più di 60
postazioni dotate di computer, nei quali agivano almeno due diverse tipologie
di figure:
- gli operatori che gestivano il primo contatto con le vittime e verificavano la loro disponibilità ad investire,
- gli operatori che operavano come consulenti e che guidavano le vittime verso gli investimenti a loro dire più vantaggiosi.
L’abilità di quei furfanti era talmente elevata che la maggior parte delle vittime acconsentiva a farli operare direttamente sui propri personal computer per disporre da remoto i bonifici esteri, mediante l’installazione di un software di controllo a distanza denominato “Anydesk”, che poi si è rivelato essere uno spyware che consentiva ai truffatori di spiare i documenti riservati delle vittime per capire la consistenza delle loro reali disponibilità economiche.
Inoltre, i truffatori, dopo aver acquisito il libero accesso ai computer delle vittime, molto spesso controllavano le loro email, le loro fotografie e i loro documenti, sfruttando poi tutte queste informazioni per fare del social engineering per il plagio dei malcapitati, quando essi diventavano restii a effettuare degli ulteriori investimenti.
Quando poi le vittime chiedevano di incassare i loro illusori profitti, i truffatori accampavano un sacco di ragioni e per lo sblocco del denaro pretendevano perfino il pagamento di una fantomatica commissione da versare a una sedicente agenzia dell’Unione Europea (per ottenere il pagamento di queste cosiddette commissioni i componenti della banda sono addirittura arrivati a contattare le vittime presentandosi come addetti di una società di recupero crediti).
Gli strabilianti guadagni da sogno che in tanti si erano illusi di poter realizzare in tempi rapidi si sono però trasformati in pesantissime perdite totali, perché i tuffatori ovviamente non hanno mai restituito neppure la somma “investita” inizialmente
Per avere un’idea di quanto sia stata vasta e complessa l’indagine basta dare uno sguardo ai seguenti numeri:
- nella banca dati della banda sono stati trovati circa 90.000 contatti telefonici di cittadini italiani pronti per essere contattati con le false proposte d’investimento,
- sono state effettuate più di 42.000 intercettazioni telefoniche,
- è stato analizzato circa 1 terabyte di traffico telematico passante per il server dei truffatori.