La tavolozza dei colori dell’idrogeno
L’idrogeno, che è l’elemento
più abbondante dell’universo, sulla Terra non è disponibile in natura da solo,
ma si riesce a trovarlo solamente legato ad altri elementi, come ad esempio
nell’acqua.
Per
separarlo occorre quindi “estrarlo” mediante un processo di separazione che
richiede molta energia e che attualmente comporta
- un notevole costo economico
- un elevato costo ambientale.
Naturalmente esistono
anche altri modi per ricavare l’idrogeno, per esempio mediante l’elettrolisi
dell’acqua, però, trattandosi pur sempre di sistemi che richiedono l’apporto di
energia elettrica, per poter parlare in questo ambito di sostenibilità ambientale
è necessario che si arrivi a un processo produttivo che possa essere alimentato
da fonti rinnovabili.
Dei circa
500 miliardi di metri cubi prodotti a livello globale, si stima che solo lo
0,1% derivi dall’elettrolisi, perché dal punto di vista dei costi per ora gli impianti
per la produzione di idrogeno verde su larga scala non sono ancora competitivi
con gli impianti tradizionali.
Occorre subito premettere
ed evidenziare che l’idrogeno
non è una fonte di energia.
Infatti
esso è semplicemente un
vettore energetico, ovvero un mezzo che consente l’immagazzinamento
dell’energia, la quale può poi venire erogata in altre forme, e ciò lo rende ideale
per decarbonizzare gli usi finali in alcuni settori, come i trasporti pesanti (cioè
camion a lungo raggio, treni passeggeri e navi) e alcuni settori dell’industria
pesante (ad es. siderurgia e petrolchimico).
I colori dell’idrogeno
L’idrogeno viene
classificato come segue in funzione delle emissioni di carbonio che vengono create dal processo di produzione adottato per generarlo:
- idrogeno verde: si ottiene attraverso l'elettrolisi dell'acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico;
- idrogeno giallo: si ottiene attraverso l'elettrolisi dell'acqua in celle alimentate da elettricità prodotta esclusivamente da energia solare;
- idrogeno viola: si ottiene con un processo di produzione che utilizza esclusivamente energia proveniente da centrali nucleari;
- idrogeno grigio: si ottiene dal petrolio o dal gas naturale con un processo produttivo chiamato “steam reforming” e senza che la CO2 di scarto venga recuperata e immagazzinata nel sottosuolo;
- idrogeno nero: si ottiene utilizzando carbone e senza che la CO2 di scarto venga recuperata e immagazzinata nel sottosuolo;
- idrogeno marrone: si ottiene utilizzando lignite e senza che la CO2 di scarto venga recuperata e immagazzinata nel sottosuolo;
- idrogeno blu: si ottiene (1) utilizzando fonti fossili nel processo produttivo, (2) catturando e immagazzinando nel sottosuolo la CO2 generata.
La scommessa dell’Europa
L’Europa ha deciso
di scommettere sull’idrogeno verde e ha recentemente stanziato dei fondi per
l’incremento della produzione di idrogeno e per la produzione di infrastrutture
funzionanti mediante questo elemento (alcuni sono persino arrivati a ipotizzare
che entro il 2050 l’idrogeno verde possa coprire fino al 24% della domanda
finale di energia).
Per riuscire a produrre
idrogeno verde in quantità significative sarà quindi necessario arrivare a
realizzare una enorme eccedenza di elettricità rinnovabile, perché al momento non
esiste alcun eccesso di energia da fonte rinnovabile.
e di conseguenza anche dell’Italia
Tra gli oltre 750
progetti europei se ne contano anche alcuni italiani, infatti nell’aprile scorso
il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha firmato un decreto
che
- ha dato attuazione all’Investimento 5.2 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,
- ha messo a disposizione 450 milioni di euro per finanziare progetti finalizzati allo sviluppo della filiera dell’idrogeno verde
(i progetti italiani si riferiscono ad es. a progetti per la realizzazione di impianti per la produzione di elettrolizzatori, e a progetti per favorire la creazione di “hydrogen valleys” nelle aree con siti industriali dismessi).
Per il momento le
regioni più attive risultano essere
- la Puglia, dove gli interventi riguarderanno soprattutto l’area dell’ex Ilva di Taranto,
- il Piemonte, dove sono già stati individuati 28 siti industriali dismessi,
- la Basilicata, dove si prevede di realizzare siti di stoccaggio e distribuzione di idrogeno.
Un investimento con obiettivi ambiziosi
Per arrivare al
2050 mancano ancora 28 anni, quindi la dimensione temporale non dovrebbe
impensierire troppo, però bisogna essere consapevoli che occorre partire subito
e che occorre impostare una rigida tabella di marcia, perché le cose da fare
sono ancora davvero molte.
Infatti, per poter
arrivare a utilizzare convenientemente l’idrogeno verde è ancora necessario
- sviluppare tecnologie che consentano di ottenerlo in modo pulito ed economico,
- migliorare tecnologie che consentano di applicarlo a quei settori difficili da decarbonizzare,
- abbassarne i costi di produzione,
- realizzare un’infrastruttura per la sua distribuzione,
- realizzare una rete di stazioni di ricarica per il suo utilizzo nel trasporto pesante e sulle tratte ferroviarie non elettrificabili,
- completare tutte le riforme e i regolamenti necessari a consentirne l’utilizzo, il trasporto e la distribuzione.
In definitiva si tratta quindi essenzialmente di supportare nel migliore dei modi le attività di ricerca e sviluppo.