La crescente inflazione ha spinto molti italiani a cambiare abitudini

Nei giorni scorsi l'Istat ha ufficializzato le sue stime preliminari e ha comunicato che nel mese di maggio 2022 l’inflazione in Italia ha registrato un aumento dello 0,9% su base mensile, salendo così al 6,9% su base annua, ovvero a un livello molto vicino a quel 7% che si registrò nel lontano marzo 1986. 

La corsa dell’inflazione continua a essere spinta dai forti aumenti dei prezzi dei beni energetici (i quali hanno fatto lievitare a dismisura sia le bollette di luce e gas sia i prezzi di tutti i carburanti), ma adesso anche il “carrello della spesa” segnala di averne risentito in modo sempre più significativo, visto che si dice che i prodotti a maggiore frequenza di acquisto abbiano registrato un aumento del 6,7%. 

In questi giorni ho visto che qualcuno, probabilmente con intenzioni consolatorie, ha scritto che questa inflazione “ufficiale” del 6,9% non sarebbe in realtà l’inflazione che i cittadini italiani stanno effettivamente subendo, perché nel frattempo essi hanno iniziato ad adottare diversi comportamenti alternativi e sono riusciti a comprimere in parte gli effetti negativi dello spropositato aumento dei prezzi. 

Sarà anche vero che molti italiani

  • abbiano aumentato la loro spesa nei discount,
  • seguano con più attenzione le varie offerte praticate dai supermercati,
  • abbiano sostituito i prodotti di marca industriale con i prodotti delle marche commerciali,
ma queste azioni semmai dimostrano che gli italiani hanno fatto di necessità virtù e si sono rimboccati le maniche, allo scopo di cercare di minimizzare le sgradevoli conseguenze di una inflazione galoppante, che li sta impoverendo giorno dopo giorno. 

Tutto questo semplicemente per dire che l’inflazione “ufficiale” resta al 6,9%, perché, come mi ha insegnato la mia maestra alle elementari, è scorretto confrontare le mele con le pere, e per dire che gli italiani hanno ridotto il loro tenore di vita, ma lo stanno facendo con dignità e intelligenza.

Per provare a frenare certi smisurati aumenti di prezzo potrebbe magari essere utile iniziare qualche “sciopero” sul consumo di quei prodotti e di quei marchi che risultano essere particolarmente ingordi.
All’estero ho visto che questi “scioperi” funzionano, ma ho anche visto che per funzionare davvero bisogna considerare che essi richiedono un buon coordinamento e una buona adesione. 

In conclusione scrivo che, anche ammettendo che l’inflazione “ufficiale” sia attualmente pari al 6,9%, quando vado al supermercato e vedo di quanto sono aumentati i prezzi di pasta, latte, burro, carne, caffè, etc., faccio una certa fatica a credere che l’inflazione sia stata calcolata correttamente.