Il senso di civiltà impone che le accuse contro Assange vengano fatte cadere
È dal 2010 che ho
iniziato a pensare che gli Stati Uniti d'America stiano commettendo delle
gravissime violazioni contro la libertà di stampa.
In
quell’anno, infatti, Julian Assange, un giornalista, programmatore, fondatore e
caporedattore dell'organizzazione divulgativa WikiLeaks, è diventato famoso a
livello mondiale dopo aver rivelato dei documenti diplomatici e militari classificati
top secret che aveva ricevuto dalla ex militare Chelsea Manning e che riguardavano
possibili crimini di guerra commessi dalle forze armate statunitensi nelle
operazioni militari in Afghanistan e in Iraq.
Per
tali rivelazioni Assange ha subito guadagnato la mia ammirazione e, cosa molto
più importante, ha ricevuto numerosi encomi da privati e da personalità
pubbliche, ha ricevuto varie onorificenze e premi, oltre a essere stato
ripetutamente proposto per il Premio Nobel per la pace per la sua attività di
informazione e trasparenza.
Il
governo Usa da allora però ha cominciato a rendere la vita impossibile a Julian
Assange e ha ininterrottamente tentato di processarlo muovendogli ben 18 capi
di accusa con i quali gli viene imputato di aver violato, con la sua pubblicazione
di segreti di Stato, l’Espionage Act, una legge risalente al 1917.
Credo
che sia la prima volta che un soggetto editoriale venga incriminato ai sensi
della legge americana sullo spionaggio; si tratta di qualcosa che fa rischiare
ad Assange delle pene complessive che possono andare dai 175 anni di carcere per
arrivare anche fino alla pena capitale.
Ritengo
che la persecuzione che gli Stati Uniti stanno riservando ad Assange non sia
altro che un colossale attentato alla libertà d’espressione e che tale assalto suoni
come una vera e propria sfida a quel primo emendamento della costituzione
americana che protegge i giornalisti e la libertà di stampa.
Davvero
una pessima notizia, che evidenzia come gli Usa abbiano intrapreso la volgare deriva
di processare per spionaggio coloro che pubblicano informazioni riservate di
interesse pubblico.
In
questo modo gli americani hanno seriamente compromesso la loro immagine di
paladini delle libertà, perché il fatto di rendere pubbliche informazioni di
quel tipo dovrebbe essere proprio uno degli elementi cardine sia della libertà di
stampa, sia del diritto dell’opinione pubblica ad avere accesso a informazioni
del genere.
Tutto
questo avrebbe dovuto essere oggetto di protezione e penso che non si sarebbe mai
dovuti arrivare a una criminalizzazione, perchè le accuse nei confronti di
Assange non avrebbero mai dovuto essere presentate.
Mi ha
fatto quindi molto piacere quando ieri ho letto che cinque grandi giornali
internazionali come New York Times, The Guardian, Le Monde, Der Spiegel ed El
Paìs hanno chiesto agli Stati Uniti di far cadere le accuse contro Julian
Assange, perché considero che far cadere le accuse sia l’unica soluzione quasi
onorevole per gli Usa di uscire da quel brutto vicolo cieco che hanno imboccato.